La gente, le Case, le Voci, i Mestieri

(di R. de Seneen)

foto: Romeo Brescia

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“Il terrazzano vive nella città, ma in due quartieri separati: quello di Santo Stefano e quello – tipico - delle Croci”

[Antonio Lo Re in “Le proletarie del Tavoliere” – 1910]

 

“La presenza, in questa teoria di “bassi”, che sembrano sostenersi l’un l’altro, di ambienti ricavati sotto il livello stradale, le “grotte”, usate per il ricovero di asini, muli e cavalli, se non dimoravano nello stesso ambiente dell’uomo, o dalla gente stessa per abitare, ancora oggi qualcuna assolve quella funzione, la dice lunga sulla tipologia dei vecchi  abitanti del quartiere: terrazzani, carrettieri, giornalieri di campagna, qualche piccolo contadino-proprietario, artigiani di vario genere e piccoli commerci come la vendita di torcinelli, degli scagliozzi, e la pizzeria “S. Stefano, proprio contigua all’omonima chiesa”

[Raffaele de Seneen in “La carte murate – I suoli di S. Stefano A.D. 1839” – 1997]

 

INTERVISTA

Romeo S.: c’era la “cutrara”, che faceva le coperte imbottite, imbottiva la “cutra”, la coperta.

 

Anna S.: lì le ragazze andavano ad imparare il mestiere, c’era il sarto e la sarta.

 

Romeo S.: Mio nonno faceva le casse da morto, era falegname, mia nonna le rivestiva col raso bianco, con i merletti, quando a morire era una ragazza nubile e quindi vergine o un bambino innocente.

 

Attrezzi del Falegname

Prima si faceva “casa e poteca”, cioè nella stessa abitazione avevano l’officina e abitavano. Qui vicino c’era chi aveva nella casa il cavallo, il traino e tutto il resto. I cavalli stavano qui e i figli dormivano vicino.

 

La maggioranza dei trainieri, d’estate, andavano a trasportare il grano, ma poi facevano anche gli altri trasporti. C’era all’epoca chi andava a spigolare in mezzo al Piano delle Fosse, il grano che cadeva a terra.

 

Anna S.: Le donne di campagna andavano a spigolare. Andavano a fare la pungente [estirpazione di erbe infestanti il grano] ed altri lavori.

Il Traino

La Spigolatrice

 

Romeo S.: Vicino la chiesa di S. Stefano c’era un maniscalco, in una grotta qui vicino c’era uno che vendeva i “fuffoli”. Aveva una grotta con gli scalini larghi, in modo che il ciuccio, che dormiva vicino a lui, saliva e lo portava a fare i “fuffoli”. Noi lo aspettavamo davanti alla porta e compravamo i “fuffoli” per alimentare il fuoco, si cucinava.

 

Anna S.: A via Meridiana comare Francesca vendeva i cardoni. Vendeva anche i fuffoli e i fichi d’india, d’estate. A Largo Rignano c’era “Voccaperta”, che era terrazzano.

Il Largo Rignano era un posto dove andavano a giocare tutti i ragazzi.

Romeo S.: Allora la luce elettrica non c’era, si aspettava che arrivasse quello che accendeva i lampioni. Arrivava e di corsa ficcava la “striscia” sotto e l’accendeva, i bambini gridavano di gioia.

 

Anna S.: Non c’erano macchine. C’erano i “viaticari”, che trasportavano la frutta. A via dell’Uva c’era un tornitore, che torniva le cornici.

A Largo Rignano vidi uno che faceva corde, un “funaro”. Aveva la ruota grande e un aiutante che girava la manovella. Più avanti c’era il “fornaciaro”, che costruiva le “fornacelle” per cucinare.

 

Romeo S.: Qui dietro c’era un “cappellaio”, li puliva e li metteva in forma. C’era il “ventagliaro”, quello che costruiva i ventagli. Con le penne dei tacchini costruiva i ventagli. Poi c’era la “seggiara”.

[Angelo Capozzi in “Foggia, voce dei borghi” – 2004]

 

E ancora l’acquarulo con mantegne e sarole, ‘a lavannàre (la lavandaia), ‘a pelucchère, pettinatrice-parrucchiera.

 

a pelucchère

Ferri da stito

a paster

Il  Calzolaio

Il Pastore