a cura di Lucia Lopriore Manufatti: Stemmi in arenaria . Dimensioni: Provenienza: Antica sede del Municipio di Foggia.
Blasone: d’argento a tre fiammate guizzanti dalla superficie del mare e in questo specchiantisi, il tutto al naturale.
La presenza degli stemmi civici nel Lapidario è dovuta al fatto che il palazzo, che oggi ospita il museo, fino al 28 aprile 1898 è stato anche sede del municipio, quando, a causa di una sommossa popolare, fu dato alle fiamme. In conseguenza di ciò, il municipio fu trasferito altrove e ivi rimasero gli stemmi litici.
Secondo Carmine de Leo, lo stemma civico in origine aveva molte più fiammelle; infatti, nella pianta cinquecentesca di Foggia, custodita presso la Biblioteca Angelica di Roma, sono riportate le fiamme che ricoprono quasi totalmente la partizione.
La didascalìa della pianta stessa recita: “ Il campo di sotto tutt’all’acqua è segno” e “ Il campo di sop’ a fiamme di fuogo” , Così pure blasona: “ l’arma è aqua, et fuoco, perché sotto ogni poco, che si cava sottoterra, si trova aqua, di sopra é caldo fa da mille fuochi”.
Tale concetto viene espresso a pieno titolo nello stemma più antico presente nel Lapidario dove, nel caso di specie, risultano scolpite più fiammelle sullo specchio d’acqua. Lo stesso stemma, come è riportato nel Libro Rosso della città di Foggia, era raffigurato negli antichi “Suggelli” della città, così descritto: “Al nuovo mastrogiurato si consegnavano da quello uscente due suggelli dell’Università; uno grosso ed un piccolo, scolpiti con le armi cittadine: in mezzo ed in basso un rivolo d’acqua e del fuoco, da un lato S. Guglielmo, dall’altro S. Pellegrino, e tutto intorno la scritta Universita Civitas Fidelissima Civitatis Fogiae”.
Altre conferme giungono nel Seicento dal padre celestino Guelfone, che in una sua “Orazione... detta l’Anno M.DC.LXIX…” scrive: “impresa di questa Città, che fa le fiamme nel mezzo delle acque ardenti, senza che ò l’acque smorzino il fuoco, ò il fuoco consumi l’acque” tesi sostenuta anche dal canonico Calvanese descrive “più fiamme” quando descrive lo stemma civico; nonché dal Coda nella “Vita delli Santi Guglielmo et Pellegrino”, pubblicata nel 1715, che parla di: “non poche splendentissime fiamme”.
In seguito, sempre secondo de Leo, per collegarsi più strettamente alla tradizione religiosa ed alla iconografia cristiana della SS.Trinità, dallo stemma civico scomparvero le lingue di fuoco e le tante fiamme si ridussero al numero di tre, così come appare nella pianta di Foggia pubblicata nel 1703, dal diplomatico pontificio Giovanni Battista Pacichelli, nell’opera dedicata alla descrizione del centri urbani nel Regno di Napoli.
Da allora in poi lo stemma civico è stato sempre rappresentato con le tre fiammelle sullo specchio d’acqua, così come si evince dall’altro stemma litico presente nel lapidario del museo.