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Matteo Accarrino
di: Cesare Rizzi
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Matteo Accarrino
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link al sito di Matteo Accarrino
Accarrino, Matteo
(Monte Sant’Angelo, 1943),
(tratto da:
http://www.galleria.reciproca.it/artisti/accarrinomatteo.htm)

Pittore, acquerellista, incisore,
scultore. Docente di incisione presso l’Accademia di BBAA di Ravenna, di cui è stato anche direttore.
Determinante per Matteo Accarrino la frequentazione di Herbert Voss, pittore espressionista tedesco dalle forti inquietudini approdato nel centro garganico agli inizi degli anni Sessanta.
Voss incoraggia la naturale inclinazione di Accarrino per la pittura dando un giudizio positivo della sua prima mostra personale (1962).
L’artista tedesco svela ad Accarrino gli arcani e i percorsi suggestivi delle avanguardie, ma anche la necessità del lavoro costante e dell’esercizio continuo dell’occhio alle cose più importanti.

Si diploma quindi al Liceo artistico di Roma e frequenta poi il corso di pittura del prof. Richard Antohi presso l’Accademia di BB.AA. di Foggia.
Nel 1971 si trasferisce nel capoluogo dauno, dove impianta il “Centro grafico H.Voss”. Tra la fine degli anni Sessanta e la prima metà degli anni Settanta, sperimenta tutti i linguaggi e le tecniche possibili: espressionismo (1969-1971), informale, arte segnico-gestuale (1973-1974), giustapposizioni di colori, fino alla pittura monocromatica.
Quest’ultimo aspetto legato soprattutto alla sua passione per la calcografia (la sua produzione ammonta ormai a oltre dieci cartelle di incisioni, con la partecipazione alle più prestigiose mostre di settore) e ad una delle costanti della sua opera: ”far penetrare la luce ella consistenza fisica, nella capacità della materia impiegata”(M. d’Arienzo).

Proprio attorno al torchio di Accarrino nel 1979 un gruppo di artisti dà vita al Laboratorio Artivisive di Foggia (Centro culturale di documentazione artistica e di produzione di grafica d’arte), che innesta il germe della “trasgressione”, della sperimentazione e della ricerca in una situazione di immobilismo politico-culturale.
Sarà proprio il Laboratorio Artivisive ad organizzare nel 1980 per Matteo Accarrino una mostra antologica (Opere, ‘70-’76) che ripercorre l’attività dell’artista fin oltre la prima metà del decennio precedente.
“In queste opere…gli elementi fisici-materiali placano viva via la virulenza tipica dell’informale, dove non c’è scarto alcuno tra visione ed esecuzione e il gesto subisce un vero e proprio processo di deconcettualizzazione per svilupparsi liricamente sulla superficie trattata” (R.Secchi).

Più tardi, l’artista garganico comincia a padroneggiare i materiali più vari, connotandoli esteticamente. Intesse e segna la densità grumosa del colore con grovigli di spago, recupera – quale artista/alchimista/artigiano – antiche tradizioni popolari (la tintura per il lutto) per tingere o decolorare i tessuti, scoprendo “la preesistenza della tela e quella di una immaginazione che sfugge l’estetismo in virtù del dubbio che inquina e immalinconisce le purissime campiture, le equilibratissime costruzioni cromatiche” (così G.Pensato nella introduzione alla mostra Colore, Materia, Spazio, Foggia, Palazzetto dell’Arte,1981).

Il filo della malinconia (così intitola una personale a Napoli nel 1984, presentata da S.Fizzarotti) che parte dalla “sedimentazione di un ricordo” (L. Zingarelli in Morbide o Trame, Ascoli Piceno, 1981) e dalla consapevolezza delle ferite profonde che la cultura metropolitana ha procurato alle culture periferiche e alla stessa unità tra sapere e fare, ma d’altro canto il desiderio del superamento delle situazioni di crisi con il recupero della gioiosità del fare e l’innalzamento dei materiali “poveri” ( a partire dalla loro intima struttura e non dalla connotazione folclorica) a mezzi espressivi, costituiscono il continuum dell’opera di Matteo Accarrino.

“L’artista incontra il desiderio nonostante la malinconia, il senso della precarietà e della marginalità” (S.Fizzarotti, 1984).
I materiali che consentono ad Accarrino di muoversi tra desiderio e memoria sono i più disparati: legno, vetro, tela, carta, corda. Elementi reali, di recupero, che permettono di far vibrare la fantasia, di volare alto, di ammantare di lirismo oggetti grezzi, di dar forma ai sentimenti e alle passioni della mente, “scavando in direzione dell’immaginario collettivo, caricando le …scelte di assonanze e prestiti della cultura materiale”.
Il luogo in cui avviene la trasmutazione degli elementi è nel “grande silenzio” oltre le porte del desiderio (è il titolo di un’altra personale, Foggia, Laboratorio Artivisive, 1988), dove, dice lo stesso Accarrino, si consumano le energie che coinvolgono corpo e mente nel rito irripetibile del fare.
Un rito, però, che ha sempre delle varianti, perché Accarrino è insofferente della ripetitività di temi, materiali, segni e nodi espressivi. Lungo l’intero arco della sua attività coesistono infatti acquerelli dai toni pastellati su carte sagomate “dove esprime con delicatezze compositive il suo lirismo forte, costituito di segni e vibrazioni cromatiche” (G. Di Genova, 1990), con gli olii dietro vetro o con le grandi campiture di nerofumo, o gli innesti più vari, tra legno, tela, carte e, da ultimo, la pietra (che trova nelle campagne garganiche e ri/lavora) con il colore.

La molteplicità dei suoi interessi non esclude affatto, però, la coerenza linguistica. Ci sono infatti elementi iconografici persistenti, pur nella loro dinamicità. Come le strutture triangolari o le mezze lune evidenziate da Rino Cardone per un’altra mostra di Accarrino (Dalla natura dell’arte all’arte con natura, 1986) o l’impreziosimento estetico del casuale.

Tra la fine degli anni Ottanta e i primi anni Novanta (nel frattempo Accarrino lascia l’insegnamento del disegno e della storia dell’arte negli Istituti superiori per diventare titolare della Cattedra di tecniche dell’incisione presso l’Accademia di BB.AA. di Ravenna, dove si segnala anche per l’organizzazione di importanti mostre didattiche) emerge nei suoi lavori su carta una nuova organizzazione segnico-grafica: predilige il nero, dipingendo su grandi fogli di carta forme “astratte” sorrette da un rigoroso impianto geometrico.

Gli interessa la superficie nella sua fisicità, rendendola scabrosa e metallizzandola con agglomerazioni plurimateriche (pigmenti di minerali poveri o preziosi, grafite, nerofumo, ma anche oro e argento) (G.Cristino, in Compresenze, elogio delle diversità, Mattinata, 1995).La realtà è ormai un magma indecifrabile e tragico, sembra dire Accarrino. Non c’è relazione tra le cose, tre le persone. C’è il caos: ecco gli elementi primordiali che colano sulle grandi campiture di carta, ma ecco anche, in un contesto certo più sereno, quello degli acquerelli, i segmenti, le linee spezzate, gli angoli alla ricerca di una qualche ricomposizione, di un alfabeto. E come nelle incisioni sul nero calcografico si inseriscono fasci di luce, rifrazioni luminose, così nei grandi fogli di carta dal magma informa fanno capolino i colori (l’azzurro), e i metalli (oro, argento) cominciano a districarsi dal buio e a proporsi nel loro splendore, concretizzando accenni di forme ed equilibrando in qualche modo anche lo spazio.

La ragione prevarrà sul caos, sulla cultura del lutto, e verrà l’età dell’oro. (G.Cristino, in Meditazioni sul visibile, Cinque artisti italiani, a cura di Magdi KenawJ, Roma, Accademia d’Egitto, 1995). Nel 1996 tiene un’altra importante personale al palazzetto dell’arte di Foggia, Matteo Accarrino, La ricerca e l’opera, con catalogo a cura di Guido Pensato.

Nel 1997 gli viene assegnato un premio-acquisto alla Prima Triennale di arte sacra contemporanea di Lecce per l’opera La caduta degli angeli ribelli (Dedicato a Madre Teresa di Calcutta), “che gareggia – afferma la giuria - con la grandiosità delle antiche pale d’altare, proponendo un’immagine di forte tensione”. Ha partecipato anche, spesso come curatore, a tutte le più importanti rassegne organizzate dal Laboratorio artivisive, da La pietra in cielo (1985) a Oggetto d’autore (1985) a Dalla natura dell’arte con natura (1986) a Dialoghi (1989) fino a 2000 e passa: una mostra in bilico, curata dallo stesso Accarrino con Guido pensato (dicembre 1999/gennaio 2000). Importanti anche le rassegne di grafica a cui ha partecipato: Grafica italiana, Roma 1981, Repertorio degli incisori italiani, Bagnacavallo, 1993, I Rassegna di grafica – Città di Corciano 1994. E’ stato anche tra gli organizzatori e curatori dei due Premi “Mattinata” riservati agli studenti di incisione delle Accademie italiane di Belle Arti (1996;1998). (G.Cris.)

Scheda inserita il 27-02-2012 da Cesare RizziHome Page

mick27-02-2012- 09:22
Un grande Artista, un grande Amico. Mio figlio Marcello ha fatto la tesi di Laurea in Accademia di Belle Arti a Foggia proprio su di lui. E con lui, all’età di quindici anni, venne introdotto (con ottimi risultati) proprio nel campo meraviglioso dell’incisione. Grazie Matteo per quanto hai fatto, stai facendo e farai in nome dell’Arte!

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