La Favola di Re Gimò

 

di Raffaele de Seneen

 

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C’era una volta un Re, Gimò I° si chiamava, e se c’era un Re c’era pure un Reame, quello di Fò, e quindi castella, terraggi e regnicoli, i Fofò.
Quando Gimò I° salì al trono, per prima cosa, chiese al Gran Tesoriere di mostrargli il Libro Mastro dei Conti, e poi di condurlo nella Stanza del Tesoro.
La Stanza del Tesoro risultò completamente vuota. Non c’era oro, né gioielli né un becco di un “Foggino”, la moneta circolante che il Regno batteva.
“Acchio, siamo a zero!” esclamò il Re, “No” rispose il Gran Tesoriere: “Sottozero!”. E gli spiegò che non avevano oro, gioielli e denaro, ma in compenso avevano accumulato tanti debiti.
“E chi lo spiega ai miei regnicoli ora!” gridò il Re, “Non c’è bisogno Maestà” rispose il Gran Tesoriere, “Anche i suoi reali predecessori non hanno mai dato conto di questa situazione. Anzi, ognuno ha pensato di far meglio del precedente, aggravandola!”.
“E i Ministri, i Consiglieri, gli Armigeri!” tuonò ancora il Re, “Cosa vuole che le dica, gente devota, assecondava” rispose il Gran Tesoriere.
Allora il Re chiamò a raccolta i suoi regnicoli, e dall’arengario del suo palazzo: “Beneamati sudditi, bla bla bla bla …..” e spiegò tutto per filo e per segno. Qualcuno dalla folla gridò: “Chi è stato, chi ha disamministrato e creato il grande buco!!??”.


Il Re spiegò che quelli erano particolari ininfluenti, di cui i responsabili dovevano rispondere solo alla giustizia divina. Poi si appellò al senso civico, all’appartenenza, all’orgoglio, all’impegno. Promise lacrime e sangue, ma concluse: “Ce la faremo!”.


La folla ammutolì, ma fu coinvolta da un fremito di orgoglio e speranza, solo uno gridò: “S’ pòte fa!”, gli passarono tutti sopra uscendo dalla piazza e riducendolo ad un foglio di carta velina. La prima vittima della ripresa.
Trascorse del tempo, il Re le provò tutte, cambiò anche Viceré, Ministri e Consiglieri, salvò solo gli Armigeri, quelli già erano stati assunti con un concorso contestato. Ma la situazione non cambiò senso di marcia, anzi, diventò più marcia.


Nuove tasse e balzelli sulle spalle dei regnicoli e vendita dei beni comuni, non portarono alcun risultato, o quanto meno se ne seppe poco e niente perché il Re si era chiuso in un ostinato mutismo, di carattere riflessivo, la gente sperava.
I regnicoli, i Fofò, gente buona e pacifica, un po’ indolente, abituati da secoli ai miracoli dei santi protettori, vedi terremoto, colera, ecc., aspettavano e pregavano.


Il Re ne provò ancora, persino come aveva fatto qualche suo predecessore, e chiese aiuto alle casse di una Regina “amica”, un reame satellite, confinante e consanguineo: “Né sangue e né soldi!” rispose quella, “Figurati, Re Gimò I°, che stanno decidendo di che tipo di fallimento devo morire!” – “Ed è probabile che della mia sfortuna e della tua se ne faccia un tutt’uno!”. Il Re Gimò I° trattenne a stento una “C” in gola ed esplose in un più raffinato e regale “ ‘Azz’!!”.


Quindi il Re si convinse che neanche più un miracolo fosse sufficiente a risolvere i problemi del suo reame, “Ci vuole una magia e quindi un mago” pensò, “meglio ancora un giocoliere”, e quasi in concomitanza con il ripristino dell’antico carnevale di Fo’, ha portò sulla piazza il Mago italo-transalpino Erredue, un prestidigidatore dicono, uno che trasforma la munnezza in ricchezza, e noi abbiamo così tanta munnezza così come poca ricchezza. La materia prima c’è, attendiamo il miracolo, pardon, l’effetto magico.


I Fofò, felici, contenti e speranzosi per ora cantano: “Oh che bel castello marcondiro ‘ndiro ‘ndello!!”.


 

Foggia 06 Marzo 2011

 
 

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