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C’era
una volta un Re, Gimò I° si chiamava, e se c’era un Re c’era pure un
Reame, quello di Fò, e quindi castella, terraggi e regnicoli, i Fofò.
Quando Gimò I° salì al trono, per prima cosa, chiese al Gran Tesoriere
di mostrargli il Libro Mastro dei Conti, e poi di condurlo nella Stanza
del Tesoro.
La Stanza del Tesoro risultò completamente vuota. Non c’era oro, né
gioielli né un becco di un “Foggino”, la moneta circolante che il Regno
batteva.
“Acchio, siamo a zero!” esclamò il Re, “No” rispose il Gran Tesoriere:
“Sottozero!”. E gli spiegò che non avevano oro, gioielli e denaro, ma in
compenso avevano accumulato tanti debiti.
“E chi lo spiega ai miei regnicoli ora!” gridò il Re, “Non c’è bisogno
Maestà” rispose il Gran Tesoriere, “Anche i suoi reali predecessori non
hanno mai dato conto di questa situazione. Anzi, ognuno ha pensato di
far meglio del precedente, aggravandola!”.
“E i Ministri, i Consiglieri, gli Armigeri!” tuonò ancora il Re, “Cosa
vuole che le dica, gente devota, assecondava” rispose il Gran Tesoriere.
Allora il Re chiamò a raccolta i suoi regnicoli, e dall’arengario del
suo palazzo: “Beneamati sudditi, bla bla bla bla …..” e spiegò tutto per
filo e per segno. Qualcuno dalla folla gridò: “Chi è stato, chi ha
disamministrato e creato il grande buco!!??”.
Il Re spiegò che quelli erano particolari ininfluenti, di cui i
responsabili dovevano rispondere solo alla giustizia divina. Poi si
appellò al senso civico, all’appartenenza, all’orgoglio, all’impegno.
Promise lacrime e sangue, ma concluse: “Ce la faremo!”.
La folla ammutolì, ma fu coinvolta da un fremito di orgoglio e speranza,
solo uno gridò: “S’ pòte fa!”, gli passarono tutti sopra uscendo dalla
piazza e riducendolo ad un foglio di carta velina. La prima vittima
della ripresa.
Trascorse del tempo, il Re le provò tutte, cambiò anche Viceré, Ministri
e Consiglieri, salvò solo gli Armigeri, quelli già erano stati assunti
con un concorso contestato. Ma la situazione non cambiò senso di marcia,
anzi, diventò più marcia.
Nuove tasse e balzelli sulle spalle dei regnicoli e vendita dei beni
comuni, non portarono alcun risultato, o quanto meno se ne seppe poco e
niente perché il Re si era chiuso in un ostinato mutismo, di carattere
riflessivo, la gente sperava.
I regnicoli, i Fofò, gente buona e pacifica, un po’ indolente, abituati
da secoli ai miracoli dei santi protettori, vedi terremoto, colera,
ecc., aspettavano e pregavano.
Il Re ne provò ancora, persino come aveva fatto qualche suo
predecessore, e chiese aiuto alle casse di una Regina “amica”, un reame
satellite, confinante e consanguineo: “Né sangue e né soldi!” rispose
quella, “Figurati, Re Gimò I°, che stanno decidendo di che tipo di
fallimento devo morire!” – “Ed è probabile che della mia sfortuna e
della tua se ne faccia un tutt’uno!”. Il Re Gimò I° trattenne a stento
una “C” in gola ed esplose in un più raffinato e regale “ ‘Azz’!!”.
Quindi il Re si convinse che neanche più un miracolo fosse sufficiente a
risolvere i problemi del suo reame, “Ci vuole una magia e quindi un
mago” pensò, “meglio ancora un giocoliere”, e quasi in concomitanza con
il ripristino dell’antico carnevale di Fo’, ha portò sulla piazza il
Mago italo-transalpino Erredue, un prestidigidatore dicono, uno che
trasforma la munnezza in ricchezza, e noi abbiamo così tanta munnezza
così come poca ricchezza. La materia prima c’è, attendiamo il miracolo,
pardon, l’effetto magico.
I Fofò, felici, contenti e speranzosi per ora cantano: “Oh che bel
castello marcondiro ‘ndiro ‘ndello!!”.
Foggia 06 Marzo
2011
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