La Tua Opinione

Lettera di Natale dall' Ukraina

  • Stampa
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 Rating 0.00 (0 Votes)

L’ho vista pochi giorni fa, una domenica, a casa di mia madre, novantasei anni finiti, sul tavolo de
l soggiornino. Ero lì per dare il cambio a Irina, badante ucraina, era il suo giorno di libertà.
Una serie di fogli tipo protocollo a righe, come quelli che si usavano per i compiti di italiano, il tema in classe.


Vergati a penna biro blu, una scrittura chiara, bella, arrotondata, di donna precisa. Di una donna che non conosci neanche in fotografia, ma di cui un’immagine te la puoi fare.
Guardo i fogli, uno sull’altro, aperti sul tavolo. Forse Irina li ha lasciati lì a posta per farmeli notare, arriva la conferma: “Vedi, vedi che bella calligrafia!” mi dice, prosegue: “Mia figlia, mia figlia, dece (dieci) pagine!”. E’ orgogliosa, è contenta, le brillano gli occhi. Prende i fogli, cinque, scritti su ambo i lati, sono numerati, mi fa notare il “dece” in cima al verso dell’ultima.

Poi dice ancora: “Quando non avevo cellulare, anche trenta pagine!”.
Guardo, felice per lei, caratteri in corsivo cirillico, non lo capisco, e anche superato questo ostacolo dovrei conoscere la sua lingua, l’ucraino. Niente da fare. Riesco a leggere solo la data “5 dicembre 2012”. E’ fresca di stampa e di arrivo, oggi è nove.

Nel suo tragitto si sarà incrociata col pacco che Irina ha inviato alla figlia ed ai nipoti pochi giorni fa: un panettone, due verze e qualche chilo di mandarini. Lo fa quasi ogni mese, mi chiede di sostituirla un’oretta, di venerdì, va al “Rosati”: “No presto…” mi dice : “…dopo le dece, prezzi meglio!”. Poi il sabato un’altra oretta per andare a spedirlo.
Hanno creato tutto un mondo parallelo al nostro per comunicare, inviare roba, spedire soldi. Un mondo che c’è e non vediamo.

Avrei voluto leggerla quella lettera, pure di nascosto, non mi sarei vergognato. E cosa avrebbe potuto dire, cosa avrebbe potuto rivelare!
Ormai è qualche anno che Irina è in Italia, non sente il bisogno, come fanno altre, di rientrare periodicamente al suo paese. Forse c’è un altro bisogno che la trattiene.
Mi ha accennato che la figlia, ha un buon grado di istruzione, vorrebbe venire anche lei a fare la badante, ma lei non vuole, vuole che resti lì a lavorare anche per un compenso non sufficiente, con i figli e il marito a fare la mamma, la moglie, a fare famiglia. Ci tiene molto.
Si scambieranno certamente notizie ogni due-tre giorni con i cellulari, c’è da risparmiare anche sui costi di ricarica, basterà scambiarsi un “come state - come stai?”, ed un rassicurante e conciso “stiamo bene - sto bene!” .

Poi arriva la lettera, una specie di periodico bi-trimestrale, notizie da casa, la figlia racconterà del suo lavoro, della sua casa, dell’andamento della vita, del freddo e della neve, dei figli che crescono, dei progressi a scuola, dei loro impegni extrascolastici, del marito, di qualche parente. Poi, accenni di speranza, saluti, baci e abbracci, auguri per le prossime festività, di nostalgia e lacrime non scritte. Tutto chiuso in una busta bianca, un francobollo, destinazione Italia.
Leggere! Forse meglio saper leggere.

Raffaele de Seneen